Life coach: cosi aiuto le persone a realizzare grandi sogni.

Myriam Florio, trainer in Pnl (Programmazione neuro linguistica) e life coach

aostana (il life coaching è un supporto per migliorare le proprie potenzialità per raggiungere obiettivi personali), nell’autunno scorso è entrata a far parte del team degli assistenti all’estero di Richard Bandler (il cofondatore della Pnl che dagli Anni 70 si occupa di sviluppo personale in tutto il mondo).

È la seconda donna italiana a coprire questa posizione.

Con sede ad Aosta, la sua società (Accademia dei Coach), fondata con il marito, lavora con aziende e privati nel campo dello sviluppo personale da oltre 10 anni.

È appena iniziato un nuovo anno, quali sono le aspettative e gli obiettivi per il 2014 che riscontrate nei valdostani che ricorrono al life coach?

«Molti vogliono dare corpo ai sogni che avevano da bambini e che crescendo hanno castrato, magari con un concorso pubblico. Un’altra cosa che emerge è il desiderio di acquisire nuove competenze del tipo che né la famiglia né la scuola hanno insegnato. Per esempio abbiamo dei meccanici che hanno capito di dover seguire corsi di comunicazione per poter fare un salto di qualità e di fatturato nella loro azienda. Si stanno facendo avanti categorie “insospettabili” che definirei con l’espressione “vogliono ottenere di più”. In generale l’obiettivo è ripartire da se stessi, investire su se stessi indipendentemente dalle condizioni esterne di crisi e sfortune varie».

L’obiettivo per il 2014 più «potente»o curioso che ha sentito?

«Aprire una “pousada” su un’isola tropicale del Brasile. È un valdostano che ha il sogno di cambiare radicalmente vita. Adesso il suo sogno è diventato un obiettivo perché ha fissato la data di scadenza precisa al 30 ottobre 2014».

Ma allora i valdostani «programmano»più di andare via o di fare qualcosa a casa loro?

«Programmano di più di fare qualcosa a casa loro. Non è così semplice e immediato pensare e agire nell’uscire fuori dallaValle che li protegge».

Dal vostro osservatorio professionale quello valdostano è un quadro simile a quello di altre parti d’Italia?

«Sì. In linea con ciò che sperimentiamo in altre regioni e all’estero, i valdostani che si rivolgono a noi per fare un percorso di sviluppo personale arrivano già con l’intuizione che è arrivato il momento per loro di prestare più attenzione a quello che fanno, vogliono uscire dalla passività».

Sono più le donne o gli uomini a cercarvi?

«Noi abbiamo un 75 per cento di utenti femminili e anche questo è un dato che rientra nella media internazionale. Sono donne che hanno all’incirca dai 30 ai 48 anni e che vanno dalla casalinga alla dirigente. Situazioni di vita diversissime, ma la spinta è la stessa: una grande voglia di mettersi in gioco e la consapevolezza di poter e voler ottenere di più dalla propria vita».

Cosa porta i valdostani dal life coach?

«Direi che al primo posto c’è certamente una crisi sentimentale o famigliare, spesso intorno ai 40 anni e spesso dopo il secondo figlio. Poi ci sono i 45/50enni che hanno stralavorato dedicando la loro vita alla carriera e adesso vogliono fermarsi un attimo e capire se sono dove volevano essere. Infine c’è la categoria dei professionisti che ricorre al coach o per cambiare totalmente lavoro o per fare carriera nel settore in cui lavorano già».

C’è una «molla» che avete più spesso identificato a spingere verso un percorso con il coach?

«Forse lo sguardo dei figli. Mi spiego: molti trovano la forza di uscire dalla rassegnazione e da una sensazione di impotenza guardando negli occhi i figli che ci rimandano sempre quello che noi emaniamo. Nessuno vuole specchiarsi in un lago di sfiducia».

Anche per il 2014 si continua a parlare di crisi globale su tutti i fronti, c’è una ricetta che ritiene più importante di altre per affrontarla?

«Molto spesso le persone credono che per raggiungere i propri obiettivi ciò che fa la differenza siano le singole decisioni, ma la cosa più importante è stabilire la direzione in cui andare. Se desiderate diventare un medico, per esempio, fate scelte che si situino in quel solco: durante il periodo degli studi prestate servizio di volontariato al 118 rispetto a fare lavori e lavoretti che non c’entrano nulla con l’area medico-sanitaria». [F. S]

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